La blockchain è composta da un gran numero di blocchi, ognuno dei quali contiene le transazioni effettuate. Ma, prima di essere integrato nella blockchain, ogni blocco deve essere convalidato o verificato. È qui che entrano in gioco i principi dei protocolli di consenso proof of work e proof of stake…

Cosa ti insegnerà questa guida:

Con questa guida scoprirai le principali differenze tra proof of work (PoW) e proof of stake (PoS): i loro vantaggi, i loro svantaggi, i problemi che ciascuno di questi consensi può risolvere, ecc.

Cose da sapere prima di commentare questa guida:

Non sono richieste competenze specifiche.

PoW vs PoS: esempi

Proof of Work: un esempio concreto 

Tizio invia 1 ETH (Ethereum) a Caio. Prima di concludere la transazione, i miner devono effettuare diversi controlli:

  • Devono assicurarsi che Tizio sia chi dice di essere e non un fake.
  • Devono verificare che Caio sia chi dice di essere e non un fake.
  • Devono verificare che Tizio sia in possesso dell’ETH che desidera inviare a Caio.
  • Devono eseguire calcoli complessi con formule molto precise.
  • Devono assicurarsi che l’ETH sia stato prelevato dal portafoglio di Tizio e aggiunto a quello di Caio.
  • Devono registrare questa transazione nella blockchain di ETH, dove ne rimarrà traccia per un tempo indefinito.

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Proof of Stake: un esempio concreto

Tizio invia 1 ADA (Cardano) a Caio. Prima di concludere la transazione, i validatori devono effettuare diversi controlli:

  • Devono assicurarsi che Tizio sia chi dice di essere e non un fake.
  • Devono verificare che Caio sia chi dice di essere e non un fake.
  • Devono assicurarsi che Tizio sia in possesso dell’ADA che desidera inviare a Caio.
  • I validatori vengono selezionati in base al volume di ADA in loro possesso.
  • Possono creare blocchi o confermare una percentuale di transazioni in base ai token in staking.
  • Devono assicurarsi che l’ADA sia stato prelevato dal portafoglio di Tizio e aggiunto a quello di Caio.
  • Devono registrare questa transazione nella blockchain di ADA, dove ne rimarrà traccia per un tempo indefinito.

Proof of Work: come funziona?

Il principio del Proof of Work è stato elaborato dal creatore di Bitcoin, Satoshi Nakamoto, nel 2008. In questo sistema di convalida dei blocchi della blockchain, i miner competono tra loro con l’obiettivo di trovare per primi la “prova” (proof), ossia l’hash corretto del blocco. Quando un miner trova per primo questo hash, riceve una ricompensa nella criptovaluta estratta. È grazie a questa ricompensa che vengono messi in circolazione nuovi token.

Le criptovalute PoW

Bitcoin (BTC) è stata la prima criptovaluta a utilizzare il sistema di convalida proof-of-work, ma presto ne sono seguite altre. Tra queste, Ethereum, Dogecoin, Litecoin e Monero.

I vantaggi del Proof of Work

  • Affidabilità. Il Proof of Work è il metodo di convalida più datato. Ha, quindi, avuto il tempo di dimostrare la propria validità, soprattutto perché è utilizzato dalla criptovaluta più diffusa al mondo: il Bitcoin.
  • Sicurezza. Il Proof of Work garantisce la sicurezza delle transazioni grazie al voto a maggioranza.
  • Redditività. Il mining di criptovalute Proof of Work è ancora oggi redditizio, a patto che le tariffe elettriche siano vantaggiose.

Gli svantaggi del Proof of Work

  • Impronta ecologica. Il Proof of Work richiede una potenza di calcolo enorme, fornita da macchine che consumano molta energia. Le mining farm presenti in molti Paesi del mondo, come il Kazakistan e il Canada, hanno un’impronta di carbonio particolarmente rilevante.
  • Costo dell’elettricità. Questo svantaggio è intrinsecamente legato al precedente. La potenza di calcolo richiesta per il PoW necessita di hardware ad alto consumo energetico, il che può essere un serio ostacolo alla redditività del mining.
  • Elitarismo. Pochi individui oggi possono permettersi di investire in macchine potenti e molto costose, il che sta gradualmente rendendo il mining in un’attività elitaria.

Proof of Stake: come funziona?

Per far fronte a questi inconvenienti, e in particolare alle questioni ecologiche, è stato messo a punto un nuovo sistema di convalida. Creato nel 2012, il protocollo Proof of Stake funziona in modo diverso. Quando c’è un blocco da convalidare, diversi validatori puntano una certa quantità di propri token, che saranno restituiti loro una volta completata la convalida. Una volta che la transazione è stata convalidata, il validatore riceve una ricompensa grazie alle relative commissioni di transazione.

Il compito dei validatori è quello di conservare e aggiornare una copia del registro generale dei conti (file blockchain) facendo circolare transazioni e pagine da un nodo all’altro della rete. I validatori devono anche garantire che le transazioni siano conformi alle norme stabilite dalla rete blockchain, ad esempio assicurandosi che il mittente non invii più criptovalute di quelle in suo possesso. Questo lavoro di validazione richiede ovviamente un consumo energetico, ma molto inferiore a quello utilizzato per il mining di criptovalute in modalità PoW.

Le criptovalute PoS

Peercoin è stata la prima criptovaluta a utilizzare il protocollo Proof of Stake nel 2012. È stata rapidamente seguita da altre criptovalute utilizzate in tutto il mondo, come Cardano (ADA), Solana (SOL) e Algorand (ALGO).

I vantaggi del Proof of Stake

  • Basso consumo energetico. Il Proof of Stake è molto più sostenibile e rispettoso dell’ambiente rispetto al Proof of Work, perché non richiede un’enorme potenza di calcolo o macchine ad alto consumo energetico.
  • Resistenza agli attacchi. È stato calcolato che il PoS è più resistente di oltre il 50% agli attacchi rispetto al PoW. Ciò è dovuto principalmente al fatto che con il PoS i miner non sono in competizione tra loro.
  • Scalabilità. Il PoS offre anche una migliore scalabilità. In altre parole, le transazioni PoS vengono gestite molto più rapidamente di quelle PoW.

Gli svantaggi del Proof of Stake

  • Elitarismo. Poiché il PoS prevede la scelta dei validatori che mettono in gioco il maggior numero di token, potrebbe essere che siano sempre gli stessi validatori a essere scelti e, quindi, ad arricchirsi.
  • Rischio di errore. Affidandosi a un unico validatore, questo potrebbe non svolgere correttamente il proprio lavoro. Tuttavia, se un blocco difettoso viene convalidato, il validatore corre il rischio di perdere tutti i token coinvolti, il che rende il processo più affidabile. Per ovviare a questo potenziale problema, nel prossimo futuro potrebbero essere istituiti pool di validatori di riserva.
  • Scarsa esperienza. A differenza del Proof of Work, che ha già dimostrato il suo valore, il PoS è ancora agli inizi. Diventerà uno strumento standard solo dopo il lancio di Ethereum 2.0, che dovrebbe passare da Proof of Work a Proof of Stake entro il terzo trimestre del 2022.

Proof of stake: il futuro della blockchain?

Per molti, il passaggio di Ethereum dal protocollo di consenso PoW a quello PoS è la prova definitiva che il proof of stake rappresenta il futuro della blockchain.

I limiti del PoW

Da diversi anni ormai, il Proof of Work è al centro delle polemiche per i quattro problemi principali che solleva.

  • Problema n°1: calcoli che diventano sempre più complessi. Quando le prime criptovalute hanno visto la luce, le operazioni matematiche erano piuttosto semplici. Oggi, a quasi 15 anni dalla creazione del primo Bitcoin, i miner devono essere dotati di schede grafiche sempre più potenti per far fronte alle difficoltà di calcolo. Questa è una delle ragioni dell’attuale carenza di schede grafiche sul mercato.
  • Problema n°2: centralizzazione. Direttamente collegato a questa corsa al potere è il problema della centralizzazione. Infatti, solo i computer e i gruppi di computer più potenti riescono a trarre profitto dal mining. È, quindi, possibile che in futuro solo gli operatori più potenti riescano a estrarre criptovalute, il che andrebbe contro lo spirito stesso delle criptovalute, ovvero la decentralizzazione.
  • Problema n°3: impatto ambientale. Per eseguire questi calcoli sempre più complessi, le macchine utilizzate per il mining consumano sempre più energia. Uno studio pubblicato nel 2021 dall’Università di Cambridge dimostra che l’energia consumata per il solo mining di Bitcoin è equivalente a quella consumata dall’intera Argentina. Tale costo ambientale è considerato assurdo per una moneta virtuale.
  • Problema n°4: perdita dell’investimento del validatore. Il Proof of Work prevede un investimento iniziale significativo da parte del miner. Tra le potenti macchine acquistate per eseguire i calcoli, l’elettricità spesa e i costi operativi inerenti al mining, l’intero investimento del miner va perso dopo pochi anni. Il Proof of Stake, invece, consente ai validatori di recuperare il loro investimento quando desiderano ritirarsi dal gioco.

PoS: la soluzione?

Tecnicamente, il proof of stake risolve i tre problemi sopra citati, con la possibile eccezione della centralizzazione. Per diventare un validatore, si deve possedere un numero minimo di token, superiore a quello che la maggior parte delle persone può permettersi di acquistare. Per Ethereum, ad esempio, il numero minimo di token richiesto per diventare un validatore sarà fissato a 32 ETH, che, a giugno 2022, equivalgono comunque a più di 32.000 euro.

Il passaggio di ETH al protocollo proof-of-stake ha tutte le carte in regola per rivoluzionare il mondo delle criptovalute. Ad oggi, le criptovalute che utilizzano questo consenso sono ancora una minoranza e meno diffuse di molte altre, come NXT, Cardano, Peercoin e Tezos.

Oltre alla significativa riduzione dell’impatto ecologico, l’adozione del consenso PoS da parte di una criptovaluta importante come l’ETH potrebbe rivoluzionare completamente la filosofia delle blockchain, che oggi utilizzano principalmente il proof of work. Se il PoS riuscirà a dimostrarsi valido nel tempo, sarà facile immaginare che altre importanti criptovalute ne seguiranno l’esempio…

Conclusione

I protocolli proof of stake e proof of work sono entrambi utilizzati per convalidare e rendere sicure le transazioni effettuate all’interno della blockchain. Il PoW, utilizzato fin dalla nascita delle criptovalute, ha dimostrato da tempo la sua validità in termini di sicurezza, ma l’enorme quantità di energia impiegata, la centralizzazione attorno ai mining pool e gli investimenti persi dai miner fanno sì che sia considerato da molti un sistema di convalida obsoleto. Il PoS è uno sviluppo più recente che pone in qualche modo rimedio a queste carenze, in particolare in termini di velocità delle transazioni e di dispendio energetico. Tuttavia, il numero di token necessari per diventare un validatore potrebbe portare rapidamente a un problema di centralizzazione. L’imminente passaggio di Ethereum al consenso proof-of-stake dovrebbe presto fornire risposte a questi interrogativi.

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FAQ PoS vs PoW

I minatori (PoW) sono ricompensati con i nuovi token creati, mentre i validatori (PoS) sono ricompensati con una parte delle commissioni di transazione.
Sebbene il proof of work abbia dimostrato la sua validità per molti anni, soprattutto in termini di sicurezza, questo protocollo di consenso ha un grande svantaggio: consuma molta energia. Il passaggio al proof-of-stake potrebbe comportare un consumo energetico inferiore di oltre il 99,9% rispetto al proof of work. Il team che sta dietro l’ETH ha, quindi, voluto farsi pioniere del proof of stake.
Il consenso PoW ha molti detrattori. La Svezia, in particolare, sta pensando di vietare il mining di queste criptovalute a causa dell’eccessivo dispendio energetico. Anche l’Unione Europea ha presentato una proposta per vietare il consensus PoW, anche se non è ancora stato deciso nulla.
Per diventare validatori, è necessario investire un numero minimo di token. Per Ethereum, questo numero sarà fissato a 32 ETH. Per diventare validatori su Solana, non è previsto un numero minimo di token.